Altro successo della nostra Associazione di Consumatori impegnata da anni nella TUTELA dei DIRITTI dei cittadini.
Questa volta la vittoria del cittadino ha riguardato lo storno parziale di una cartella TARI di € 2.900, pervenuta ad un nostro socio, nella quale erano stati effettuati degli errori da parte del Comune nel conteggio del tributo!
Cosa dice la legge?
La Legge di stabilità 2014, con cui è stata introdotta la TARI (in sostituzione delle precedenti Tarsu, Tia, Tares) prevede che, per il calcolo del tributo, bisogna prendere in considerazione la quota fissa e la quota variabile.
LA QUOTA FISSA di ciascuna utenza domestica, deve essere calcolata moltiplicando la superficie calpestabile dell’alloggio e delle sue pertinenze per la tariffa unitaria corrispondente al numero degli occupanti dell’utenza stessa.
Il primo errore che commettono talvolta i Comuni nel calcolo del tributo, è proprio sui mq poiché vengono presi in considerazione i metri quadrati della superficie, escluse le aree esterne, riportati proprio nelle visure catastali. Calcolo non proprio corretto poiché, se la base imponibile della TARI come previsto per Legge è la superficie calpestabile, dovrebbero essere esclusi anche i mq. dei muri divisori e perimetrali. Il non corretto conteggio comporta una non soddisfacente stima dell’unità immobiliare sopratutto nei casi dove sono presenti vani principali e accessori.
In altri casi l’errore deriva dalla discrepanza tra i dati presenti in Catasto ed i reali mq aggiornati dell’immobile.
Talvolta, vengono conteggiate nel calcolo del tributo anche unità abitative che risultano invece essere vuote e prive di utenze e mobilio e che, quindi, non sono soggette all’applicazione della TARI.
LA QUOTA VARIABILE è costituita da un valore assoluto, ossia un importo rapportato al numero degli occupanti che non va moltiplicato per i metri quadri dell’utenza e va sommato come tale alla parte fissa.
Un’altro errore che molto spesso viene commesso dai Comuni è sul conteggio di questa quota poiché, da alcune verifiche, è emerso che in alcuni casi è stata applicata tale tariffa anche sulle pertinenze dell’unità abitativa (box, cantine) portando il valore della TARI (e quindi la cartella inviata al cittadino) a somme più elevate (talvolta anche di tanto) rispetto al dovuto.
Inoltre, molti Comuni hanno applicato l’IVA (Imposta sul valore aggiunto) del 10% sulla tariffa dei rifiuti. Tale applicazione è illegittima poiché in contrasto con il principio che vieta la doppia imposizione fiscale come ribadito anche nella sentenza della Corte di Cassazione n. 5078/2016 che cita: “l’IVA del 10% non è dovuta in considerazione della natura propriamente tributaria della TIA (Tariffa di igiene ambientale) che nel Comune di Roma ha preso il nome di TARI”.
COME FAR VALERE I PROPRI DIRITTI:
Consigliamo ai nostri soci, o comunque a tutti i cittadini, di verificare sempre le cartelle inviate dagli Enti e/o Comuni prima di pagarle poiché potrebbero contenere degli errori in fase di conteggio della tariffa, nei mq, nelle aliquote applicate, nelle unità prese in considerazione o nell’applicazione di ulteriori costi che potrebbero non essere dovuti e quindi stornati e/o rimborsati dai Comuni.
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